Oggi
c’è un bel sole a Badant square, certo l’erba
è ancora umida della pioggia di ieri sera, tuttavia le panchine
sono oramai asciutte e qualcuno è già lì a
riempirle. Badant square con il suo popolo di vagabondi, badanti,
piccoli delinquenti e disperati di ogni genere è in piena
attività. Qualche gruppo qui, qualcuno che arriva, altri
che vanno, gli stoici barboni che hanno passato la notte all’addiaccio
e sotto la pioggia ripiegano i loro miseri pagliericci. Fa strano
notare, in mezzo a questo popolo di emarginati, un distinto uomo
di mezza età a leggersi il giornale. E’ sicuramente
lui l’anomalia nell’economia di Badant square ma pare
non accorgersene, deve venir da fuori, di certo non è uno
del posto. Sulla panchina accanto alla sua due barboni con la casa
racchiusa in due logore borse di tela stanno chiacchierando animatamente,
disturbano all’uomo la lettura ma pare non prendersela a male
tanto che, incuriosito, finge di leggere ma di fatto è teso
ad ascoltare.
“Ti dico che è andata così, te lo giuro”.
“Ma a chi vuoi darla a bere, mi hai preso per un cretino?”.
“Eppure è andata così, come faccio a convincertene”.
“Convincere di cosa?” fa un terzo barbone unendosi al
gruppo e salutando con un cenno della ma-no.
“Dai racconta anche a lui la tua bella storia, dai Franco
siediti è sta a sentire cosa è successo al no-stro
Sergio”.
Il nuovo venuto poggia la valigia in terra e ci si siede sopra di
modo da trovarsi di fronte ai due compari. E’ ancora intirizzito
per l’umidità della sera prima, si strofina velocemente
le mani e ci ali-ta sopra per scaldarsi mentre invita: “Dai
Sergio raccontami sta storia che sono curioso”.
“Niente, è successo ieri notte…tieniti forte
che ha dell’incredibile. Allora, ieri verso le sette quando
ha iniziato a diluviare ho fatto baracca e burattini e mi sono andato
a nascondere sotto i portici, lì vicino alla chiesa che sta
a metà di via delle Bagasce. Ero zuppo d’acqua e non
voleva proprio smettere di piovere. Aspetto ma niente, un diluvio
da fine del mondo”.
“E vuoi che non lo sappia!?” lo interrompe Franco, “ero
alla mensa e non c’è stato verso che ci la-sciassero
stare lì per la notte, in strada ci hanno gettato, quei cani!”.
“Già, ma senti qua. Volevo venire anch’io a mangiare
un boccone alla mensa ma mi son detto «Se esci ora mangi sì
un piatto di minestra, ma ti guadagni pure una polmonite».
Così ho continuato ad aspettare che spiovesse ma niente,
pareva dovesse durare un anno intero. Passa il tempo, la mensa ormai
era chiusa e ancora giù acqua da tutte le parti e io lì,
all’asciutto certo, ma prigioniero del por-tico. In giro nessuno,
in tasca avevo poco più di cinque euro in monetine e un mozzicone
di sigaret-ta. Mi metto a passeggiare su e giù, tanto per
scaldarmi e fare qualcosa, così passo e ripasso davanti al
Columbus, hai presente il ristorante che sta dove iniziano i portici?”.
Franco annuisce mentre cer-ca qualcosa nelle tasche, un mozzicone
forse, ma non trova nulla e si rimette in ascolto.
“Vuoi il freddo, vuoi la fame, inizia a venirmi su una voglia
di qualcosa da mangiare. Una minestra mi sarebbe bastata, ma come
fare ad entrare conciato così e con solo poco più
di cinque euro in ma-no? Sto lì a chiedermi se provare o
meno, «In fin dei conti» mi dico, «dentro ci sono
solo tre clienti, non infastidirei nessuno e per i soldi be’…un
po’ di carità cristiana, no?». Ragiono così
per un po’ poi mi decido, entro e mi siedo. Subito minaccioso
arriva il cameriere: «Ho cinque euro» dico a-prendo
il pugno pieno zeppo di spiccioli, «posso mangiare un po’
di zuppa e basta?». Glielo chiedo con tutta l’umiltà
di cui sono capace, sapete bene anche voi che quando la fame e il
freddo stringo-no la morsa be’, c’è poco da recitare,
è tutto sincero”. Gli altri due annuiscono con la gravità
di chi sa bene a quali tormenti si riferisce chi parla. Sergio ne
approfitta per prendere fiato poi riattacca: “Il cameriere
mi guarda severo poi pare rabbonirsi e mi risponde che va a chiedere
al padrone. Men-tre l’altro scompare in cucina io faccio incetta
del tepore del locale sperando, pregando, che non mi neghino un
po’ di sbobba che per me in quel momento sarebbe stata più
preziosa di ogni gioiello. Dopo un poco vedo ricomparire il cameriere
con un piatto fumante di minestrone. Appena mi è da-vanti
mi ordina perentorio di mettere via i soldi. Io prontamente li faccio
scomparire in tasca. Poi mi appoggia il piatto davanti e…tieniti
forte Franco che qui viene il bello…mi lascia sul tavolo anche
il libro del menù e sorridendo mi annuncia: «Bene signore,
lei ha la fortuna di essere il nostro milio-nesimo cliente, quindi
ha diritto ad un pasto completo totalmente offerto dalla casa».
Non ti dico la faccia che ho fatto, temevo di fare un colpo quanto
il cuore ha preso ad andar veloce.
“Incredibile, veramente incredibile” commenta Franco.
“Sembra quasi una belle fiaba, tanto bella quanto inverosimile”
chiosa Berto ribadendo i suoi dubbi sulla veridicità della
storia.
“Franco te lo giuro, è andata proprio così”.
“E quanto hai mangiato?” si informa Franco che pare
credere al racconto.
“Be’, dopo la zuppa (chiaramente col pane dentro), ho
scelto arrosto con patate, una mela e una fet-ta di meringata. Un
litro di vino, caffé e grappino finale. Credevo di esplodere.
Poi, ancora convinto di trovarmi in un sogno, ho ringraziato, mi
sono complimentato col cuoco e me ne sono uscito a go-dermi l’ultimo
mozzicone che mi era rimasto. E son stati tutti gentili e servizievoli,
mi pareva di es-sere un vero signore…certo alla fine il cameriere
mi ha detto che ho avuto un colpo di fortuna e che quindi non dovevo
più farmi vedere in quel locale. Poco male, per noi che siamo
abituati a venir scacciati dappertutto in malo modo, non è
poi male venir salutati dopo esser stati rimpinzati a sazie-tà”.
“Dai Franco non ci crederai veramente?” indaga tra l’ironico
e il malevolo Berto. Franco non ha il tempo di dir nulla che Sergio
tira fuori il pugno di monetine.
“Guardate qua, ho ancora le mie monete e di fame neppure il
minimo sentore. Sapete che vi dico? Visto che siete i miei amici
voglio festeggiare con voi il mio colpo di fortuna. Forza andiamo
a prenderci un paio di cartoni di rosso, offro io”. Esplode
l’allegria, questa generosa offerta basta a scacciare ogni
dubbio, credere o non credere non ha più importanza, per
un gotto di vino si può ben passare per fessi.
Mentre i tre si allontanano con le borse ben strette in mano l’uomo
della panchina vicino ripiega il giornale e fa per andarsene. Ha
un sorriso benevolo in volto, pare proprio che la storia l’abbia
diver-tito molto. Uno sguardo all’orologio, “Il treno
parte tra dieci minuti, bene” sussurra tra sé mentre
ripone il quotidiano sotto il braccio. Si avvia con passo deciso
ma non veloce verso la stazione, mentre cammina commenta divertito:
“Certo una bella fortuna ha avuto quel vagabondo, a me è
co-stata trenta euro la sua fortuna…caspita quanto mangiava!...più
dieci euro di mancia per comprare la complicità del cameriere.
Quaranta euro in tutto, ma va bene, la messinscena è riuscita
benissimo. In conclusione sono molto soddisfatto, ho fatto una buona
azione e soprattutto…mi sono molto di-vertito”.
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