Indice
1 - Formidabili quegli anni
2 - Humphrey Bogart
3 - Felicità?
4 - In via di estinzione
5 - Un mondo fantastico
6 - Una buona azione
7 - Campioni del mondo
8 - Facile pietà
9 - Via delle Bagasce
10 - La solitudine del Lenzi
11 - Tamponamento
12 - Io e Chang
13 - Pescatore di Burano
14 - Aglio e trasporti
 
   
Un mondo fantastico di ex-terrestre

Proprio una bella idea aveva avuto Renato, decisamente un’ottima idea. Una gita a Mestre in fin dei conti fa bene anche ad un veneziano doc. E Renato è un veneziano purosangue, quarantaquattro anni interamente trascorsi in Isola, salvo rare escursioni in montagna, al tempo in cui i suoi genitori erano ancora vivi e lui era poco più di un ragazzo, ricordi lontani, quasi diafani, ma pur sempre bei ricordi. Quel giorno decise di fare un giro in terraferma, conosceva quei due o tre posti - piazza Barche, la stazione e Corso del Popolo - che gli garantivano la serenità del ritorno: raggiunto uno qualunque di quei luoghi sapeva bene che autobus prendere per tornare in Isola. Per sentirsi ancor più in gita decise di prendere il treno, così da immedesimarsi nel comune viaggiatore, con una meta lontana da raggiungere, ad ore e ore di distanza. Appena sceso dal treno una zaffata di inquinamento gli assicurò che era giunto a destinazione. Ora sarebbe uscito e avrebbe imboccato via Piave, la via che l’avrebbe condotto in centro. Ma quale fu lo stupore a quella vista! Via Piave era tutta addobbata di festoni, nessuna automobile poteva transitare e dappertutto gente allegra in passeggiata. “Che fortuna ho avuto” si disse tutto allegro, “scelgo di venire a Mestre un giorno in cui c’è festa”. Ed era ben strano che ci fosse festa, era il 24 giugno, un giorno estivo, ma nessuna festa comandata. Probabilmente un quotidiano o una locandina gli avrebbero svelato il perché di quei festeggiamenti, ma a Renato non importava nulla, era felice che ci fosse allegria in giro e prese a camminare in mezzo al popolo dei festanti. Odori di squisitezze come hamburger e kabab giungevano dai locali disseminati e ornati a festa lungo la grande arteria mestrina. Qui e là musica, piccoli concertini a distanza l’un l’altro quanto basta per non infastidirsi a vicenda, camminando si attraversavano via via i diversi generi musicali venendo cullati da note ora lente ora dure o melodiche. In ogni dove saltimbanchi, clows, prestigiatori, insomma tutte le tipologie di artista di strada erano presenti a ravvivare l’atmosfera. Renato camminava felicemente ipnotizzato in mezzo a quel paese dei balocchi, fermandosi ora qui ad applaudire un giocoliere ora là a ballare una cover degli anni settanta. Dopo un’ora di bagordi, stremato e assetato, si concesse un kabab e una cocacola. Riprese la passeggiata e quando giunse all’altezza del PAM si accorse che da lì in poi non c’era più festa, da lì ci si riemergeva nella caotica quotidianità di Mestre. Ci pensò su un attimo ma sapeva già a quale conclusione sarebbe arrivato: “Chi se ne frega del centro, ci andrò un’altra volta. Oggi voglio restarmene qui, c’è festa e sarei uno stupido a non parteciparvi”. Girò i tacchi e si immerse nuovamente nella bolgia dei goliardi. Ad un tratto un vigile urbano lo fermò e lo invitò a togliersi dalla strada e guadagnare il marciapiede. Rimase un attimo interdetto poi capì: dietro le spalle del vigile stava avanzando un corteo di carri in maschera. “I carri che bello!” esplose in un urlo di giubilo infantile, “sembrano quelli che si vedono in tv, quelli di Viareggio!”. Il vigile borbottò qualcosa al suo indirizzo, ma Renato era già lontano, fermo sul marciapiede osservava quella sfilata di carri allegorici, tutti maestosi, decorati alla perfezione con colori vivaci e forme che rimandavano a personaggi televisivi o eroi dei cartoni animati. Un autentica emozione lo colse quando vide passare un carro con sopra il pupazzo di Tex Willer, l’eroe della sua giovinezza. Ebbro e appagato decise di far rientro a casa, un po’ a malincuore certo, ma non era più un ragazzino e la stanchezza iniziava a farsi sentire. Durante il viaggio di ritorno non smise un attimo di pensare alla bella giornata che aveva trascorso, alla fortuna di essersi imbattuto in una kermesse del tutto inaspettata al suo arrivo in terraferma. Giunto a casa prese a raccontare ogni dettaglio ai suoi coinquilini che, ipnotizzati e incapaci di arrestare quel fiume in piena, ascoltavano increduli e sbalorditi il racconto dei carri, dei giocolieri e dei concerti. Il giorno dopo l’eccitazione si era attenuata ma non si era esaurita del tutto così, lo stesso racconto fatto ai coinquilini, Renato riferì nuovamente al suo amico Sergio. Sergio ascoltò con molto interesse la storia, partecipò all’entusiasmo dell’altro facendogli domande e stimolandolo a riferire anche il più insignificante dettaglio. Tutto soddisfatto Renato salutò l’amico e tornò alle sue faccende quotidiane. Sergio per scrupolo sfogliò il Gazzettino appena acquistato, spulciò pure quelli dei giorni addietro ma fu come aveva previsto: non c’era notizia di alcuna festa. Sergio, il dott. Sergio Pasquali, psichiatra, sorrise alla storia di Renato, non nuovo a simili fantasticherie: “Fin che è contento e non si fa male, a me va bene che sia così”.
Via Piave con addobbi, concerti, saltimbanchi e carri allegorici, era esistita sullo nella mente di Renato, nella realtà esisteva, ed esiste, via delle Bagasce con il suo grigiore, l’inquinamento del traffico, i piccoli delinquenti e un pesante odore di kabab.

 
 
elforceentertainment all right reserved :: relief@inwind.it