A
Venezia
i numeri anagrafici seguono una logica tutta loro…o almeno
si spera ci sia una logica. La numerazione corre regolare, con i
pari da un lato i dispari dall’altro. Poi arriva un ponte,
appena giù ci si accorge che, per uno strano sortilegio,
la numerazione ha fatto un balzo. Immaginarsi la rabbia di uno che
è lì lì per raggiungere l’indirizzo a
cui è diretto, mancano si e no due o tre numeri, vede un
ponte, lo attraversa e paff!!, la numerazione è corsa avanti
o indietro di decine di numeri. Rabbia certo, rabbia più
che comprensibile…tuttavia non si può nascondere che
il capriccio dei numeri eserciti un certo fascino. Ad ogni ponte,
paff!!, sembra aprirsi un nuovo mondo, il salto di numerazione crea
un vuoto tra le due estremità del ponte, paiono proprio due
mondi autonomi, senza alcuna relazione, tanto meno quella di continuità,
e il ponte pare il collante, la relazione tra i due, quasi che le
sue braccia li tenessero assieme, come farebbe un padre con un bimbo
in una mano e un giocattolo nell’altra. Fascino, rabbia, ma
anche gioia: quanto contento si ritrova chi è ancora lontano
molti numeri dal civico a cui è diretto e poi, paff!!, fa
un ponte e l’indirizzo è proprio due portoni più
in là!
Mestre non è luogo di maghi e stregoni, qui tutto fila con
metodo e rigore, i numeri vadano a fare i capricci in quel Museo
Sospeso nell’Acqua! Tuttavia qualcosa di simile qui succede,
forse non dappertutto, sicuramente in via delle Bagasce. Via delle
Bagasce e il suo triste destino, quello riservato alle vie adiacenti
la stazione ferroviaria, fatto di prostitute barboni e piccoli delinquenti.
(Ma se la delinquenza si riunisce nei pressi delle stazioni ferroviarie
non basterebbe eliminarle? E poi dicono di prendere il treno che
le auto inquinano, ma si è mai pensato a quanta malavita
calamitano le stazioni?). Via delle Bagasce non ha scampo, il suo
destino è anche una missione, alla fin fine una parte della
città deve per natura divenire l’enclave del malvivere:
via delle Bagasce si è semplicemente sacrificata (o è
stata sacrificata) a questo ruolo, non parliamone più. Ecco
allora le laterali, tante stradine infilzate come lame lungo i fianchi
della grande arteria: ogni laterale un mondo nuovo. Scendi dall’autobus
ancora con addosso le voci di turisti diretti in stazione e extracomunitari
diretti a un call center, a un bar, a casa o semplicemente a delinquere.
Attraversi la strada e nell’aria si disperde quell’odore
di spezie e sudore di cui l’autobus era pregno e di cui si
sono inzuppati i tuoi vestiti. Un occhiata di sguincio alla prostituta
che sorveglia l’incrocio e finalmente imbocchi la laterale.
Qui regna il silenzio, anche l’aria pare meno inquinata. Case
a due, al massimo tre piani, giardini privati e silenzio, tanto
silenzio rotto solo da qualche sporadica automobile: bisogna pur
che i residenti rincasino! Sembra in tutto e per tutto di trovarsi
in campagna, la città e i suoi ritmi frenetici si è
bloccata là, all’incrocio di via delle Bagasce, quasi
che un incantesimo non le consenta di spingersi oltre, non le permetta
di inghiottire tutto quello che le capita a tiro. La prostituta
lì all’angolo sembra un casellante, “Dentro di
qua non si passa” intima alla città e ai suoi abitanti,
salvo poi chiudere un occhio al transitare dei residenti.
Proprio in una di queste laterali abita il Lenzi, lo si incrocia
sempre verso le undici quando porta a spasso il cane per il giretto
serale. La laterale si chiama ‘via fiume’ e lui si è
detto che quell’accostamento è un assurdo, o via o
fiume, non entrambe. Così ogni volta che qualcuno gli chiede
dove abita lui risponde: “Abito in un ossimoro”. Non
lo si incontra mai di giorno, se ne sta nascosto come tutti in un
luogo lontano a lavorare, posto diverso identità differente.
Per chi passa per via Fiume il Lenzi è solo un omino di mezza
età, shorts e canottiera, sulla destra il guinzaglio del
bastardino, sulla sinistra talvolta una sigaretta. Quel cane cosa
rappresenta? Un affetto per colmare la solitudine? Un pretesto per
uscire di casa? Per fuggire da una moglie diventata semplicemente
una coinquilina o peggio, per fuggire da se stesso? Comunque sia,
puntuale alle undici chiude il cancello e risale quel breve tratto
di laterale che sfocia in via delle Bagasce. Da qui se ne scende
verso la stazione, osservando stancamente le saracinesche abbassate
dei negozi e i pochi cingalesi prigionieri del proprio idioma incomprensibile.
Poco dopo si siede sui gradini della chiesa, il fido cagnolino sempre
ad annusare attorno, la Solitudine a vigilare seria da dietro le
spalle. E vigila bene perbacco, nessuno arriva a scambiare due chiacchiere
con il Lenzi, non un amico o un conoscente a scacciarla con un saluto.
Perfino dal 2 stracolmo di pendolari non scende una faccia conosciuta
e al Lenzi non rimane che seguire con lo sguardo quei viventi dal
passo affrettato mentre si disperdono risucchiati dalle varie laterali.
Va bene il cane, va bene prendere una boccata d’aria, ma ci
vuol pure uno scopo! Così il Lenzi si è fissato di
aspettare e osservare una pendolare scelta con metodo. La donna,
sui quaranta, è una bruna di un certo fascino ma soprattutto
arriva quasi sempre o con l’autobus delle undici o con quello
delle undici e mezza. Il Lenzi in quella fascia oraria si sistema
sugli scalini della chiesa, libera il cagnetto, che è ben
addestrato a non uscire dal perimetro della piazzetta, e tra un
pensiero e una sigaretta aspetta quelle due corse intervallate di
mezzora. E’ un gioco, nulla più, non prova un interesse
per la bruna, neppure sessuale, l’ha scelta per la sua costanza
e per il fatto che si cambia d’abito ogni giorno. Oltre a
scommettere su quale delle due corse si trovi, il Lenzi prova ad
indovinare come si sia vestita visto che di abiti ne ha molti ma
non infiniti e, dopo un mese di giornalieri e attenti appostamenti,
conosce una buona fetta del suo guardaroba. Spesso comunque la bruna
indossa qualcosa di mai visto, nuovo acquisto o fondo di guardaroba
poco importa, per il Lenzi è una vera gioia, applaude alla
novità e manda a mente la new entry. Nel fine settimana la
bruna non si presenta mai all’appuntamento, “Non si
può mica lavorare sempre, che si riposi o si diverta”
sentenzia il Lenzi vestendo i panni del buon vecchio.
Questa sera la bruna è scesa alle undici, braghe nere e top
bianco sotto la giacca nera. Per un attimo il passaggio del bus
la nasconde alla vista, ma è un attimo e subito riappare
mentre cammina con passo deciso. La bruna ora sfilerà davanti
al Lenzi, lui la vedrà prima davanti, poi di fianco, infine
dietro. Malgrado lei cammini sulla via al di là della strada
il Lenzi riesce a osservarla bene: più della vista talvolta
serve la concentrazione. Ad un tratto la bruna svolta nella laterale
allora il Lenzi chiude gli occhi e tende l’orecchio per seguirne
il ticchettare dei passi. Ad ogni passo il suono è andato
assottigliandosi, per un attimo è scomparso del tutto per
via di qualche rumore di auto in transito, poi è tornato,
flebile però, sempre più flebile fino a dissolversi
del tutto. Il Lenzi allora riapre gli occhi, si alza e lega il cane
al guinzaglio: è ora di riprendere la passeggiata. Per tutto
il tempo del passaggio della bruna la Solitudine si è un
poco scostata per un senso di rispetto, una gentilezza da poco,
in fin dei conti in quel tempo non l’ha mai abbandonato. Pochi
passi e poi il Lenzi rincaserà, il cagnetto ha fatto pipì
a sufficienza ed è certo che stanotte dormirà tranquillo.
Prima però vuole incrociare una prostituta, in fin dei conti
è pur sempre un uomo e che la bruna sia un’altra cosa
non vuol dire che sulle donne non faccia qualche fantasia. Tra tutte
le laterali che incrociano via delle Bagasce ed è possibile
incrociare una prostituta, il Lenzi ha deputato ‘via Cavallotti’
come meta del suo pellegrinaggio: purtroppo non sempre la prostituta
è presente, vuoi perché impegnata con un cliente vuoi
perché si è piazzata altrove. Purtroppo, soprattutto,
è raro che sia sempre la stessa. Per un verso al Lenzi piace
che la donna all’angolo abbia sempre un volto e un corpo diverso,
i suoi ormoni festeggiano davanti alla varietà tuttavia…tuttavia
se fosse sempre la stessa potrebbe avere almeno la complicità
di uno sguardo, al Lenzi basterebbe questo, e poi ognuno via con
la propria solitudine.
Stasera l’angolo è sgombro e al Lenzi non rimane che
fare marcia indietro e dirigersi verso casa. Per la strada nessuno,
solo un uomo con shorts e canottiera, e un cane. Poco più
dietro, invisibile, la Solitudine o le Solitudini, fate voi, quella
del Lenzi e quella di un cagnetto a cui nessuno, compreso il Lenzi,
per tutta la sera ha fatto almeno una carezza.
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