Che bella questa statua! Me la
diede anni fa un amico che l’aveva trovata sopra una cabina
telefonica, abbandonata o smarrita? Chissà. Una statua grezza,
in legno chiaro quasi fosse oro. La fisionomia imprecisa di un uomo
calvo, “Un atleta o un danzatore” mi dissi, almeno a
vederne i muscoli ben marcati e la torsione elegante del corpo.
Il titolo scritto a pennarello sotto la base: silenzio. La ritrovai
spulciando qui e là tra le mie cose abbandonate a casa di
mia madre, al Lido. Era nascosta dentro un involucro metallico,
un tempo contenitore della bottiglia di whisky. Un piacevole stupore
mi colse quando la riavei tra le mie mani, la presi con me e ritornai
a Mestre. La sera precedente l’Italia aveva vinto i mondiali
di calcio e a quella felicità si accompagnava la gioia di
avere di nuovo con me la statua che per anni mi aveva guardato studiare
da sopra la scrivania.
Sul 2 sempre tanta gente, qualche mestrino a rincasare dopo una
giornata trascorsa al mare, molti turisti diretti in stazione o
ad un albergo dell’entroterra, i soliti extracomunitari qui
per lavorare o delinquere. Mi sentivo io lo straniero in mezzo a
quella bolgia, sarà stato il caldo della serata estiva, sarà
stata la stanchezza o i residui dei festeggiamenti della sera prima,
fatto sta che non mi sentivo a mio agio. “Caspita” pensavo,
“abbiamo vinto i mondiali e nessuno ha la gioia dipinta sul
volto” e davvero attorno c’erano solo facce stanche
e annoiate. Puzza d’aglio mangiato chissà quando e
odore di sudore di una giornata a marciare tra i monumenti ispessivano
ancor di più la già soffocante atmosfera all’interno
dell’autobus. Scesi alla mia fermata, per strada un paio di
prostitute, un gruppo di filippini, qualche polacco e una coppia
di cinesi.
Appena fui sul marciapiede mi
accucciai e appoggiai l’involucro del whisky per terra, svitai
il tappo ed estrassi la statuetta. Poi, con la lentezza propria
di un rito, la presi per sotto, mi alzai in piedi e la sollevai
a due mani fin sopra alla mia testa. Nel momento preciso in cui
le mie braccia si allungarono al massimo gridai: “Campioni
del mondo, campioni del mondo”. Dopo quell’urlo a spaccare
l’immobilità, il silenzio ricadde sulla strada, i pochi
passanti mi fissavano in un misto di stupore e derisione ma io vidi
ben altro. Ai miei occhi apparve una folla festante che mi applaudiva,
fischiava, cantava e ballava. Durò un attimo ma fu magnifico,
quando l’immagine svanì riposi la statua nella sua
custodia e mi diressi, veramente felice, a casa.
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