‘Bacari
Tour’ o ‘andar per ombre’? Un dubbio di amletica
reminiscenza con il quale l’attento Force ha dato un’ennesima
conferma del suo acume e del suo spirito critico. Mai pago di una
moda o di un principio eterno il Force ha così fatto traballare
nuovamente le nostre certezze, mettendoci nella condizione di sentire
quale un ‘obbligo morale’ il cimentarci in un’indagine
approfondita della questione.
Nell’attesa
che decida di mettere sotto lo sguardo di tutti la sua ‘inconfutabile
dimostrazione dell’esistenza di Dio’, che sappiamo conserva
da anni in un cubicolo ricavato tra le travi della
sua antica soffitta, tentiamo qui di dare alcune indicazioni riguardo
al tema in oggetto. Diciamo fin da subito che i luminari da noi
intervistati non sono stati in grado di definire chiaramente le
due diverse posizioni: qualcuno ha parlato di ‘tradizioni’,
altri di ‘comportamenti’, altri ancora di ‘veri
e propri stili di vita’. Perfino sulle diciture i
critici sono divisi, mentre per Bacari Tour, in quanto neologismo,
tutti concordano l’altra posizione prevede almeno tre formulazioni
diverse: andar per ombre, andar par ombre, andar
a ombre. Quest’ultimo problema è stato da noi risolto
per estrazione (non ‘sociale’ ma ‘del lotto’)
e abbiamo così deciso di adottare qui l’espressione
‘andar par ombre’.
Le
incertezze sono troppe per anche solo sperare di sbrogliare la matassa
con risposte chiare e ferme, così ci limiteremo a proporre
e paragonare due esponenti delle rispettive posizioni in un’analisi
tanto serrata quanto noiosa ma, riteniamo, assolutamente necessaria.
Luca
è un ‘foresto’ (come si dice a Venezia
di chi viene da fuori), studia Architettura con discreti risultati.
Veste braghe jeans, indossa sempre una giacca di velluto di colore
marrone, è un po’ lisa e non si sa se le due toppe
verdi sui gomiti siano un abbellimento o servano a coprire dei buchi.
Porta una barba lunga che lo fa apparire più maturo, fuma
Marlboro Light, legge il Corriere della sera e gioca a Sudoku. Dice
di sé di appartenere ‘alla sinistra extraparlamentare’. |
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Antonio
non sa di chiamarsi così,
solo sua madre lo chiamava così, almeno fino a una decina di anni
fa. Ora che la madre novantenne è ricoverata a S. Lorenzo ha preso
a chiamarlo Eligio, ma lui non ci fa caso, d’altronde non è
neppure il proprietario dei Do Forni malgrado sua madre ne sia sicurissima.
Toni (con la i e non con la y), come tutti lo conoscono, è pensionato
da pochi anni, ‘un sopravvissuto di Marghera’, come lo definiscono
i figli. Veste all’ultima moda, nel senso che porta braghe a vita
bassa, e che sia costretto a ciò dalla pancia traboccante è
un dettaglio che qui poco importa. L’abitudine a radersi quotidianamente
è l’unico regalo del servizio militare, fuma Nazionali senza
filtro da trent’anni, solo durante le feste di Natale si concede
qualche pacchetto di MS. Legge il Gazzettino e ammazza
il tempo con la “Settimana ‘Nimistica”. Di sé
dice di essere “un comunista come Togliatti”.
Luca
gira per i bar soprattutto il Venerdì sera quanto scatta il cosiddetto
‘Bacari Tour’.
Toni
non ‘va per ombre’ solo quando è gravemente ammalato.
Possiamo notare già qui una primadifferenza oltre, ovviamente,
al fatto che Bacari Tour è scritto maiuscolo.
Nei
Tours con gli amici Luca sceglie accuratamente i bar
nei quali entrare. Devono richiamare qualcosa di antico, qualcosa della
venezianità in via di estinzione, tuttavia devono esser garantite
un minimo di condizioni igieniche e possibilmente la banconiera deve proporre
un bel corpicino.
Toni
non sceglie, evita solo i posti dove non si vendono alcoolici, quindi
deve fare attenzione solo a McDonald’s e Spizzico (nomi peraltro
impronunciabili dalla conformazione laringea di Toni). Anche lui non disdegna
le donne e spesso lo trovi dalla ‘Grasia’ (all’anagrafe
“Grazia”). Corre voce che una quarantina di anni fa anche
la Grasia fosse un donnino mica male, qualcuno giura che all’epoca
indossava il perizoma e tutti allora ordinavano ‘una gioconda con
due bicchieri’ per vederla accucciarsi per prendere la birra dal
frigo sotto il bancone. Qualcun altro, il solito ‘recia’,
sostiene che quaranta anni fa non esistevano i perizomi, ma a Venezia
questo non è un elemento sufficiente a provare che le dicerie sul
perizoma siano false.
Luca
e compagnia scelgono per lo più vino in bottiglia accompagnato
da delicati piattini di calamari fritti, polpette o verdure (c’è
sempre un vegetariano tra i partecipanti del Bacari Tour): i
Bacariturici evitano accuratamente alimenti contenenti
aglio per timore di risultare sgradevoli alle ragazze. Mescolare il vino
nel grande bicchiere, assicurano, aiuta notevolmente a imbastire conversazioni
ad alto livello: a seconda della velocità con cui viene fatto roteare
il vino si può intuire se stanno discutendo di Palladio o di Berlusconi.
Gli
amici di Toni, a parte la ‘gioconda’ che ormai è una
storia lontana ‘ani anori’, bevono solo vino della casa e
ad assaggiarlo uno si chiede: se hanno quel vino in casa pensa in che
condizioni avranno il bagno?. Di ‘cicchetti’ non se ne parla
proprio, mangiare qualcosa è indice di malattia,
come evidenzia il commento più usuale: “Puareto, el gavarà
un tumor”. E’ chiaro quindi che Toni e compagnia non evitano
il cibo per paura di puzzare: Toni esce di casa che già sa di aglio.
Dopo quattro ombre anche Toni e compagni si scatenano,
loro però non ‘imbastiscono conversazioni’, loro ‘ciacolano’.
Anche chi ‘va par ombre’ non disdegna la politica ma in questo
ambiente il bipolarismo non ha riconosciuto evoluzioni: si parla solo
di D.C. e P.C.I. Di Palladio Toni non discorre, non l’ha mai assaggiato
e tutt’oggi non sa se sia un vino bianco o un rosso.
Anche
nel linguaggio si denota una differenza. Luca parla un italiano
impeccabile, si appiglia alle quattro parole che conosce del dialetto
veneziano solo quando ordina da bere: si finge del posto per farsi fare
lo sconto.
Toni
è certo che tutto il mondo parli il suo dialetto
ma i fatti puntualmente lo smentiscono. Così quando in un bar entra
un turista che sia tedesco, inglese, francese o altro, a lui non fa differenza
e gli parla in veneziano. Quando si accorge che non capisce il suo dialetto
allora fa uno sforzo e biascica qualche parola in italiano pavoneggiandosi
davanti agli amici che puntualmente commentano: “Ti sì che
ti parli e ingue, ti se internasional”.
Questo è quanto siamo riusciti a recuperare e, aspettando qualche
suggerimento o aggiunta, concludiamo queste righe con un epilogo.
Luca
si è laureato, ora vive a Milano e lavora in uno studio
importante. Si rade ogni mattina e veste elegantemente, fuma la pipa e
vota Forza Italia. Da un po’ ha smesso di bere, a parte qualche
aperitivo e vino frizzante: sarà Milano, sarà la modernità,
ora si fa solo di cocaina.
Toni
ha il divieto di bere ma le ‘arancette’ gli provocano un fastidioso
meteorismo così ripiega sull’acqua e vino. Giorni fa l’hanno
ricoverato, il fegato non sta proprio bene, ma lui è
fiducioso ed ha ragione: è ancora lontana da venire la sua ora.
In ospedale ha riscoperto il senso profondo dell’amicizia, ogni
giorno viene qualche compagno di bevuta a trovarlo, e questo è
già molto, ma l’amicizia e un che di indefinibile e Toni
si commuove ogni volta a vedere l’amico passargli di nascosto
un paio di sigarette e un quartino di rosso.
Con
affetto il sempre vostro
Ex-Terrestre |
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Riportiamo
ordinatamente qui sotto le critiche, la discussione e le domande sul
tema poste sul Forum
>>> |
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Teo
(Ex-Terrestre), sei riuscito a commuovermi… Credo, comunque,
che alcune considerazione vadano fatte…
Andar
a ombre, presuppone il nomadismo “da ostaria a ostaria”
quasi a seguire un percorso immaginario, alcune volte segnato dalla
provvidenza, con mete d’arrivo improbabili e comunque non
pianificate. Quasi un richiamo al nomadismo primordiale. Il Bacari
Tour, al contrario, mi suona più stanziale e pianificato.
Tutto
ciò premesso, una domanda mi sorge spontanea, “andando
a ombre”, l’ombra di vino della casa, deve essere sorseggiata
o bevuta “tutta na siada” (Zziopaolo docet) ??
E
poi, è davvero indice di scarsa virilità il ricorso
al “birrin” in sede dell’ombra ?? Grazie per la
tua illuminazione.... |
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Riguardo al ‘nomadismo’
non posso che essere in accordo con te. D’altronde Toni gira
per le osterie ingombro solo del sacchetto del pane e il Gazzettino,
‘intrighi’ di poco conto se raffrontati ai ben più
voluminosi computer portatile e tubo con planimetrie con i quali
Luca affronta i bacari. Toni, inoltre, ha un motivo per girare da
un bar all’altro: va a salutare questo o quel suo amico. Luca
NON ha amici.
E poi c’è l’osteria Odeon meglio nota come Gruppo
Podistico. Come non vedere qui l’essenza stessa del bevitore
itinerante? I clienti dell’Odeon, infatti, li trovi ben volentieri
anche dentro gli altri bar della zona e nessuno indossa la tuta
da ginnastica (a parte Italo, ma lui lo fa perché porta il
catetere). Se, infine, i raffronti con altre culture possono risultare
in qualche modo illuminanti be’, Kerouac e Burroughs non erano
certo architetti.
‘siada’
o no? Questo è un bel dilemma, degno dell’acume di
quanti possono firmarsi Force. Penso che non ci sia una regola a
riguardo, ma non ne sono certo. Di sicuro bevendo tutto di un fiato
non si assapora il vino, ma il ‘gustare’ è un
capriccio da intellettuali, quindi questo non è un buon motivo
per rinunciare alla ‘siada’. E perché poi rinunciarci?
La ‘siada’ dilata il tempo, puoi fare in mezz’ora
il ‘lavoro’ di una mattinata, altro che Internet! Comunque
i ‘migliori’ praticano la ‘siada’ nelle
ore antimeridiane forti del principio: prima finisco, prima vado
a pranzare, prima riposino, prima SOPRATTUTTO ricomincio’.
Un plauso speciale a Zziopaolo, ‘co tutte e so siae se come
fusse sempre sul Pordoi’.
Ultimo
capitolo: ‘birin’. Nascondersi dietro al birrino è
vile, e su questo non ci piove. Unica eccezione il ‘birrino
di Gioconda’ che implica, per definizione, un secondo e via
così fino a terminare la bottiglia. Tuttavia la birra è
pericolosa, come insegna la storia di ‘Sbarbaricchio’
Bernardi: sai meglio di me come i birrini l’hanno ridotto. |
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Domanda
di:
Berto |
I
miei complimenti! Come sai, avendomi tu giustamente rimproverato
più volte, io non leggo quasi mai! Eppure, per restare
in tema, mi sono "sciato" il tuo scritto tutto di un
fiato quasi fosse un Montepulciano d'Abruzzo o un vino della casa
qualunque tanto per non sbilanciarmi ancora in scelte difficili.
Oltre ad essere scritto molto bene, l'ho trovato pieno di verità
e con quel pizzico di ironia e demenzialità che non guastano
mai.
Due
sono gli spunti che ne ho tratto: il primo è quello di
inserire nel sito un sondaggio (che si potrebbe intitolare: "ti
senti più Luca o Toni?"). Il secondo è quello,
ben più difficile da realizzare, di utilizzare lo scritto
come sceneggiatura per un cortometraggio che metta in evidenza
il parallelismo delle vite dei due protagonisti. Mi presto volentieri
come attore, magari nel ruolo di quello che fa abbassare la barista
per vederle il perizoma!
|
Ex
Terrestre
risponde
in rima |
Messer
Berto
inchinommi dinanzi le tue lodi
ebbro ho discoverto
piacer fecero li miei modi.
Lo Cielo e lo Cosmo tutto
al bacaro preferisse l’ostaria
qui il Divino stordio de malvasia
creò lo mondo con un peto e un rutto.
E
in fin dirotti
che Saggezza è liquido rinchiuso ne li gotti
e come diria lo Toni vardando el sol:
“pago mi, bevi queo che ti vol”. |
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|
El
Force domanda |
Credo
di cogliere l'interesse comune, ponendo al filosofo Ex Terrestre
l'annosa questione dello spritz.
"Andando a ombre" si possono bere gli spritz?
Lo spritz è consentito solo la domenica mattina dopo la messa?
Sappiamo tutti che lo spritz è solo 1: bitter. L'eventuale
ordine di uno spritz all'aperol, sele o cynar comporta scomunica?
Come ricorda il caro amico Borgo, lo spritz va bevuto "sensa
scoasse" (oive, imon, giasso), o un'oliva ogni tanto ci permette
di tornare a casa dicendo "No more no go fame, go magna na
diesena de olive"? |
Ex
Terrestre
risponde |
La
questione si fa sempre più complicata e devo abbassare le
armi. Confesso che non scrivo di mio pugno, le notizie in mio possesso
mi giungono da un informatore segreto che me le sussurra all’orecchio.
Ultimamente accade un po’ meno, da quando il professor Crepet
mi ha prescritto un pastiglione arancione da prendere al mattino.
Comunque ho girato all’informatore la questione dello spritz
e lui si è subito risentito: “No so miga un dotor!”
mi ha risposto inviperito, “mi so un coisà”.
“Coalizzato contro chi?” ho ribattuto io e lui: “No
in quel senso, ma in senso che bevo ogni sera finchè no stramasso
intera” (mi spiace ma ‘intera’ l’ha detto
proprio così, tutto attaccato).
A fatica l’ho riportato alla calma e lui mi ha ricompensato
con la sua saggezza: “I spriss xe roba da putei. Po’
i xe anca perico-osi, mentre ti bevi ti ris-ci de ficarte quel ‘bip’
de un steco dentro un ocio”. Prima che il pastiglione facesse
effetto ha avuto ancora il tempo di aggiungere: “Scolta, ma
tutti ‘sti to amissi che i fa un mucio de domande cossa i
pensa de Bepin, ti conossi Bepin? el fio del nevodo del pare de
me zia…ecco iù, proprio iù, sì queo soto…disevo,
cossa i pensa de Bepin che nol beve neanca n’ombra ma ae sette
se ghà già ciavà tre sambuchine? E po’,
visto che i xe sofistici, ea sambuchina va coe mosche o sensa? Email:
mattbur@libero.it |
El
Force
considerazioni
finali |
Caro
Ex-Terrestre,
ti ringrazio ancora per la disponibilità.
Deduco dalla tua preziosa conversazione con l'informatore che:
- esendo gli spriss "roba da putei" sono da evitare nell'andar
a ombre.
- essendo lo stecco dell'oliva pericoloso lo spriss va bevuto alla
maniera del Borgo: "sensa scoasse"
- essendo l'informatore "coizzato" lo spritz lo beve solo
al bitter: come noi.
- che bepin ga da esser in perfetta saiute perchè, come dise
me fradeo "tre sambuchine te netta tutto" ma soio co e
mosche. |
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Se
vuoi partecipare al dibattito vai al Forum
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